Caciocavallo di grotta del Cervati e delle gole di Pertosa
Formaggio grasso, semi-stagionato o stagionato, a pasta semicotta, semi-dura o dura, filata. È tipico dell’area del monte Cervati e dei monti Alburni, in provincia di Salerno. Si produce con latte intero e crudo, proveniente da allevamenti di piccole e medie dimensioni con bovine in prevalenza di razza Bruna o Podolica. Poiché normalmente veniva praticata la monticazione (alpeggio estivo sulle pendici del monte Cervati), nel passato si utilizzavano le grotte naturali presenti in quota nel territorio, sia come riparo per i pastori e per il bestiame, sia come locali in cui avveniva tutto il processo produttivo; oggi l’impiego delle grotte è quasi esclusivamente riservato alle grotte carsiche profonde che, per il loro caratteristico ambiente climatico, sono principalmente destinate alla sola stagionatura del formaggio. La scelta delle grotte carsiche del Cervati, oltre che per un corretto rispetto della tradizione e della storia, è risultata vincente per l’accessibilità sufficiente, per gli ambienti molto grandi ed alti, per le temperature ed umidità molto favorevoli e per la sviluppo di ceppi di batteri e di muffe ottimali. La durata della stagionatura è generalmente variabile da un minimo di circa 4 mesi fino a 8-10 mesi, ma alcuni produttori la prolungano anche fino a 24 mesi. Si presenta in forma quasi sferica, o ovale con eventuale testina, con marcate “insenature” sulla parte superficiale generate dai legacci con cui viene appeso durante la stagionatura, “a cavallo” di pertiche orizzontali di legno (da cui trae il nome caciocavallo), con dimensioni variabili e peso di almeno 2,5 Kg e con caratteristiche alla vista e al tatto influenzate dalla durata della stagionatura: crosta liscia, più o meno - elastica, dura, sottile -, di colore da giallo paglierino a grigio (per la presenza di colonie di muffe che si sviluppano durante la stagionatura, fondamentali per definire le caratteristiche olfatto-gustative finali del prodotto); pasta di colore da avorio a paglierino più o meno intenso, in genere dura, compatta, untuosa, priva di occhiature ma con possibili “distacchi” fra gli strati di pasta filata; sapore molto armonico con il dolce in evidenza, un salato medio-elevato e una crescente piccantezza al crescere della stagionatura; odori e aromi sono in genere di intensità media o medio-elevata, con riconoscimenti di tipo lattico cotto (burro fuso), erbaceo (erba fresca o fieno) e, con stagionatura superiore ai 7 mesi, leggero fruttato (ananas), animale (brodo di carne) e tostato (frutta secca). La persistenza gustativa è media÷elevata e la struttura (in bocca) evidenzia una buona palatabilità con solubilità medio-elevata. La maggiore qualità del prodotto si manifesta nelle produzioni dei mesi primaverili o di inizio estate quando il latte viene da bestiame libero nei pascoli, con possibilità di alimentazione fresca e varia che, specialmente dopo adeguata stagionatura, restituirà al formaggio profumi ed aromi molto evidenti. Si consuma tal quale come formaggio “da tavola”, in purezza o accompagnato da pane rustico e miele (di castagno o di agrumi), oppure come appetizer –“il caciocavallo impiccato”-: la forma intera viene appesa sui carboni ardenti, lasciata fondere e, man mano che la pasta più vicina alle braci inizia ad ammorbidirsi, si taglia a fette e si accompagna con un buon salume e pane casereccio. I vini consigliati per l’abbinamento con questo formaggio devono essere adeguati per corpo, maturità e freschezza (molto indicato e tradizionale è l’abbinamento con il Taurasi (da uve di Aglianico), un vino di grande e raffinata struttura (considerato “il Barolo del Sud”), con un profumo persistente, fruttato (frutti di bosco e ciliegia matura); caldo, avvolgente e robusto di corpo.
Italia
Latte, Sale
Pasta semicotta
Pasta filata
Campania
Vacca
Pasta dura
Pasta semidura
Capretto
Salerno
Crudo
Intero
Semistagionato
Stagionato
Presamica
Formaggio
Grasso
Con muffe